La Costituzione Italiana. Il volto della repubblica. Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Anche questo articolo ha un contenuto essenzialmente programmatico e finalistico.
Mentre l’articolo precedente parla dell’uomo, qui si comincia a parlare del cittadino: dal concetto universalistico si scende a quello relativo del diritto positivo italiano.
Il primo comma, accanto al principio della eguaglianza di diritto (la legge è eguale per tutti), pone quello della eguaglianza di fatto (pari dignità sociale), che sarà poi sviluppato nel secondo comma, là dove si enuncia il programma di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Il relatore Basso spiegò: «Non basta l’eguaglianza puramente formale, come quella caratteristica della vecchia legislazione, per dire che si sta costruendo uno Stato democratico… L’essenza dello Stato democratico consiste nella misura maggiore o minore del contenuto che sarà dato a questo concreto principio sociale» (quello dell’uguale trattamento sociale, alla quale dizione si preferì poi, in Assemblea, quella di pari dignità sociale).
Il presidente della Commissione, Ruini, scriveva poi nella relazione al progetto: « Il principio della eguaglianza di fronte alla legge, conquista delle antiche Carte costituzionali, è riaffermato con più concreta espressione, dopo le recenti violazioni per motivi politici o razziali; e trova oggi nuovo e più ampio sviluppo con l’eguaglianza piena, anche nel campo politico, dei cittadini indipendentemente dal loro sesso».
Sempre il Comitato di redazione, in sede di coordinamento finale della Costituzione, aggiunse la differenza di condizioni personali; a spiegare questo concetto è sufficiente richiamare l’esempio che si fece in Comitato: la cecità, che non deve essere motivo di deminutio, alla pari del sesso, della razza, ecc.
Alla espressione « rimuovere gli ostacoli » furono dirette molte critiche in sede di discussione generale, durante l’esame dell’articolo e anche successivamente, ogniqualvolta se ne presentò l’occasione. Discutendosi l’articolo, l’on. Corbino propose di sostituire: «E compito dello Stato rendere possibile il completo sviluppo della persona umana »; e così spiegò: « Che cosa significa rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale? Potrebbe significare eventualmente togliere qualsiasi ostacolo di ordine giuridico, economico e sociale, togliere allo Stato la sua natura di Stato. Se l’obiettivo che noi vogliamo raggiungere è quello dello sviluppo della personalità umana» affermiamolo… Identifichiamo questo fine della attività dello Stato con qualche cosa che sia meno materializzato di questo rimuovere gli ostacoli, che potrebbe dare l’idea di una squadra di operai intenti a levare dei massi, a togliere dalla strada qualche cosa per far passare l’uomo: quell’uomo al quale noi, con il primo comma dell’articolo, garantiamo tutti i diritti di fronte alla legge».
Al che il presidente della Commissione, Ruini, rispose: « Anche un liberista… dice e sostiene che si debbano rimuovere gli ostacoli alla libera concorrenza. La frase dunque non è senz’altro eretica. Io riconosco lo spirito che anima la proposta dell’onorevole Corbino…, ma osservo che nella proposta Fanfani-Amendola il testo forma ormai un tutto organico e ha un valore che verrebbe alterato con altri ritocchi».
In sostanza le parole: « E compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli » vogliono indicare uno scopo altamente idealistico. Consacrati nel primo comma i principi della pari dignità sociale e della eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, nel secondo comma la Costituente ha voluto impegnare il legislatore futuro e, prima ancora, se stessa a fare il possibile per l’attuazione concreta di quei principi. La formula presuppone l’esistenza, in atto o anche eventuale, di ostacoli i quali si frappongano al raggiungimento della pari dignità sociale e della eguaglianza di fronte alla legge.
La Costituente ha tenuto fede a questo impegno. Già nel primo comma dell’articolo in esame ha eliminato ostacoli che operarono nel passato, remoto e recente (diversità di sesso, di razza, di lingua, di religione); negli articoli seguenti si trovano molte prove tangibili: l’art, 4 si prefigge di rimuovere l’ostacolo della disoccupazione involontaria; l’art. 44 quello del latifondo; all’art. 24 si assicurano ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione, in condizioni di parità con gli abbienti; all’art. 37 si riconoscono alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore; all’art. 48 si stabilisce il principio del suffragio universale ed eguale, per gli uomini e per le donne; all’articolo 51 l’eguaglianza di tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso, per accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive, ecc., ecc.

Va infine ricordato che anche in questo articolo la parola « lavoratori » non ha un significato classista.
L’art. 3 della Costituzione, quindi, pone come compito principale della Repubblica quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Ma cosa si intende per pieno sviluppo della persona umana? Possiamo identificare lo sviluppo della persona nel solo soddisfacimento dei propri bisogni fisiologici? Mangiare, dormire, riprodursi? Nello svolgere un lavoro che possa consentire l’acquisizione di una quantità sufficiente di denaro per ottenere una vita agiata? Scrive Erich Fromm in I cosiddetti sani – La patologia della normalità che “In altre parole, presupponendo che l’uomo abbia da mangiare e da bere a sufficienza, dorma quanto basta e si senta al sicuro (e abbia un normale soddisfacimento sessuale, direbbe Freud), che non subisca privazioni e la sua vita non presenti particolari problemi, è proprio allora, secondo me, che comincia il vero problema per l’uomo […] Perciò dobbiamo confrontarci con le contraddizioni della nostra esistenza e dare un senso alla nostra vita. È impossibile limitarsi a vivere, mangiare e bere, senza dare un senso alla propria vita.”
La nostra società contemporanea, fondata sul primato dell’economia e della competizione, rende l’individuo realmente libero di sviluppare pienamente se stesso, di cercare un senso alla propria vita? Dall’analisi dei sistemi produttivi contemporanei e dei processi di adattamento psichico messi in atto dall’essere umano per corrispondere alle esigenze dell’economia del proprio tempo, all’individuo vengono richiesti atteggiamenti e disposizioni psichiche che ne compromettono la salute psichica. Basti pensare al lavoro come dovere, momento alienante della e dalla vita; l’adorazione e ossessione del consumo e ad una felicità intesa come una ricerca spasmodica dell’intrattenimento e divertimento; l’aspirazione alla sicurezza come unico scopo della vita ottenibile solo al prezzo di un completo conformismo, e di una completa apatia. Nessuna di queste cose ha il benchè minimo rapporto con una realtà capace di dare un senso all’esistenza umana. L’individuo è così destinato a trascorrere una vita solo preda degli affanni quotidiani per cui i bisogni e le necessità fisiologiche predomineranno rispetto agli ideali e ad una vita di senso e significato. Anzi, accade che quello che è soddisfazione biologica e istintuale venga scambiato, erroneamente, per tutto quello che la vita possa offrire.
La repubblica rimuove questi ostacoli che di fatto rendono l’esistenza della persona vuota e insignificante? L’individuo che perde se stesso nella massa, nella collettivizzazione, in un interesse collettivo generico ed astratto dove la percezione della persona è svuotata di significato intrinseco, dove la richiesta estrema di omologazione e conformismo risponde alla necessità di adattamento sociale, questo individuo è capace, ha ancora gli strumenti per poter sviluppare pienamente la sua persona e rendersi autonomo? Ogni persona è unica e originale, ma nello stesso tempo è anche universale perché rappresenta il luogo sacro della persona concreta, quello specifico centro di senso che possiamo chiamare dignità. La comunicazione di massa (la pubblicità, la televisione, la filmografia, i giornali, i social) spinge il singolo individuo, l’uomo concreto, a privarsi dei suoi legami di senso e, nello stesso tempo, lo schiaccia nel “globale”. Un individuo amorfo, un automa, una macchina. La nostra società contemporanea è anticostituzionale perché viola l’articolo 3 della Carta costituzionale nella parte in cui gli ostacoli di ordine sociale ed economico non solo non vengono rimossi, ma incrementati e proposti in ogni fessura del vivere sociale.