“La falsa liberazione conduce all’asservimento più totale. L’aumento della produttività economica e l’aumento del benessere materiale che ne consegue da elementi di liberazione si trasformano in strumenti d’oppressione […] il singolo è irresistibilmente spinto ad identificarsi coll’apparato che, fingendo di servirlo, lo opprime” (Max Horkheimer in Eclissi della ragione)
Si fa sempre più incalzante la comunicazione istituzionale e dei media rispetto all’aumento dei casi Covid. Chiaramente sorge la preoccupazione per eventuali e nuovi obblighi sanitari e restrizioni per il prossimo autunno e inverno. Pertanto, si propongono le seguenti necessarie riflessioni.
Il fulcro di tutto il pensiero della Corte costituzionale sul fondamento dell’obbligo di vaccino risiede nel principio di solidarietà, e corrispondente responsabilità, che costituisce la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente e strutturata negli organi istituzionali. Il punto critico dell’ammissibilità di un obbligo di vaccinazione imposto per legge è l’impossibilità di prevedere la persona che ne possa essere colpita da eventi avversi gravi. La Corte costituzionale con la sentenza n. 14 del 2023 in merito alla legittimità dell’obbligo vaccinale anti-covid, risolve come segue questo punto critico: “la Corte è sempre partita dalla consapevolezza che esiste un rischio di evento avverso, anche grave, con riferimento ai vaccini e, ancor prima, a tutti i trattamenti sanitari… Ed ha, pertanto, sostenuto che, fino a quando lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche non consentirà la totale eliminazione di tale rischio, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore, da esercitare in maniera non irragionevole… Poiché tale rischio non sempre è evitabile, è allora che la dimensione individuale e quella collettiva entrano in conflitto…Ci si trova di fronte a un rischio, preventivabile in astratto – perché statisticamente rilevato – ancorché in concreto non siano individuabili i soggetti che saranno colpiti dall’evento dannoso. In questa situazione, la legge che impone l’obbligo della vaccinazione […] compie deliberatamente una valutazione degli interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle che sono state denominate scelte tragiche del diritto “.
Soffermiamoci sul concetto di prevedibilità del rischio.
La stessa Corte ammette che il rischio del verificarsi di un evento avverso grave a seguito della somministrazione vaccinale non è prevedibile (anche se statisticamente rilevato). Tale non prevedibilità, e quindi non certezza del verificarsi del danno alla salute, legittima il legislatore a prevedere un obbligo vaccinale, anche se non coercitivo, che abolisce del tutto un altro diritto costituzionale come quello al lavoro, nei casi di inosservanza dell’obbligo stesso.
Proviamo ad applicare lo stesso ragionamento rispetto alla prevedibilità dell’avvenuta immunizzazione a seguito della somministrazione del vaccino anti-Covid e, spingendoci oltre, anche alla prevedibilità di poter contrarre l’infezione virale SARS-CoV-2 e, ancora oltre, alla prevedibilità della gravità del decorso clinico in caso di positività all’infezione. Possiamo affermare con certezza scientifica che la vaccinazione anti-Covid non produce immunità (se non un per un brevissimo arco temporale), è notorio che non è possibile prevedere se e quando un soggetto sano possa contrarre l’infezione, è notorio che la positività all’infezione Covid-19 non consente di assumere alcuna certezza in merito alla possibile gravità del decorso clinico.
La caratteristica della non prevedibilità pervade ogni aspetto della “pandemia”. Una pandemia incerta…
Se la non prevedibilità dell’avverarsi degli eventi avversi gravi è presupposto per la legittimità dell’obbligo vaccinale, anche la non prevedibilità dell’infezione SARS-CoV-2 (nel suo complesso) non dovrebbe essere presupposto per l’illegittimità di qualsiasi obbligo sanitario? Su questo presupposto di non certezza scientifica è stato realizzato un garantismo giuridico che ha dato vita ad una “certezza” scientifica priva di certezza fattuale. Il gioco di parole è d’obbligo per scorgere l’evidente manipolazione e arroganza intellettuale nell’aver sostenuto e nel continuare a sostenere un impianto giuridico fondato su un astratto dovere di solidarietà, ma non fondato sui fatti. Un procedere giuridico orfano di supporto etico, ansimante di introdurre nuovi dati normativi per giustificare una ragione che si fa tecnologica, “interessata soprattutto al rapporto tra mezzi e fini” e completamente subordinata a prassismo e scientismo, perdendo la connessione con la capacità di giudizio. La razionalità decade dunque allo stato di mezzo e apologia: una razionalità irrazionale come indicava la Scuola di Francoforte. Questo agire giuridico razionalmente irrazionale, ha riconosciuto alla professione medica un potere legale enorme sulla vita del cittadino, un potere sulla base di una presunzione di malattia. Sono evidenti i sintomi dell’eccesso di formalismo giuridico e l’avverarsi della burocratizzazione della professione medica. Eccesso di formalismo giuridico e burocratizzazione sono stati le basi fondanti della produzione normativa nazista, così come di ogni altro regime totalitario. La pretesa di fissare criteri uniformi e costanti, per situazioni di salute che variano da caso a caso, si è eretta su presupposti di certezza inconsistenti, quale la pretesa di predire e definire lo stato patologico di un cittadino sano.