Nella società odierna (semplificando) sono presenti, oggi, due tipi di cittadini: colui che considera le misure adottate dal Governo idonee per la tutela della propria e altrui salute e colui che le considera eccessive e non vuole rispettarle perché lo privano della propria libertà.
Mi sono chiesto, con questo contributo, come possono andare d’accordo queste due persone. Ho cercato di elaborare il tema andando al di là di quello che è giusto o sbagliato, di chi ha ragione o torto. Entrare nel merito della vicenda, in questo particolare momento, non aiuta la gente a trovare punti in comune, anzi il contrario. Le regole imposte per il contenimento della pandemia assorbono quasi nella totalità l’intera vita di ognuno (dal lavoro, alla scuola, al tempo libero) non solo nelle azioni e comportamenti, ma anche e soprattutto nel pensiero e nelle emozioni. Non si tratta di tifare per due diverse squadre di calcio, quanto quello di avere opposte visioni del mondo e diverse percezioni della realtà. Persone che osservano due realtà differenti pur condividendo lo stesso contesto sociale, le stesse notizie, le stesse istituzioni, come possono coabitare serenamente dentro la stessa comunità senza che si realizzi una polarizzazione delle rispettive posizioni? Inoltre, considerato che il racconto pandemico riempie la gran parte degli spazi dei discorsi quotidiani, i due tipi di cittadini di cui sopra si incontrano sovente (nei social, in famiglia, nel lavoro e tra amici) nello scontro e nella contrapposizione. Questi due tipi di persone possono avere un futuro insieme? Saranno in grado di andare oltre l’impalcatura delle proprie convinzioni per mantenere salde le loro relazioni? Chi oggi considera utile vaccinarsi e rispettare le regole anti-covid, considera colui che non vuole rispettarle una persona che non crede nella scienza, irresponsabile e superficiale. Al contrario, chi ritiene il racconto pandemico falso o sproporzionato rispetto alla realtà dei fatti, considera colui che ci crede uno sprovveduto, carente di capacità critica, preda della suggestione. Entrambe le considerazioni che ognuno ha dell’altro sono negative e contengono il germe della divisione e dello scontro. Inoltre, il cittadino che si allinea alle regole del Governo può frequentare tutti i luoghi sociali. Chi invece sceglie di non seguirle gli è preclusa anche la possibilità di lavorare e di provvedere al sostentamento della propria famiglia. L’uno attribuisce all’altro la responsabilità per tutto quello che continua ad accadere. Come è possibile conciliare due posizioni che sembrano inconciliabili anche dal punto di vista logico?

La decisione di vaccinarsi o meno sta creando ostilità assurde e pazzesche, famiglie che si dividono, amicizie che si disperdono. Ammenochè non si decida di ritirarsi in qualche eremo sperduto tra i boschi, dobbiamo fare tutti quanti i conti con gli “altri”, che ci piaccia o no. Il presente e il futuro vedranno sempre fianco a fianco i cittadini che oggi scelgono due opposte visioni della realtà ed è, questa, una verità inconfutabile. Le seguenti riflessioni partono da questa constatazione.
Prima di tutto vorrei evidenziare che stiamo assistendo al prodotto di quell’assioma fondamentale di Hobbes il quale dice che nella società avviene la guerra di tutti contro tutti. Questo tipo di ideologia che alberga in maniera preponderante nella società contemporanea, ancor prima del coronavirus, ha già determinato una socialità negativa, una socialità del contrario. Il terreno culturale era già pronto affinchè un’intera società perdesse la bussola della comprensione ed empatia.
L’altro aspetto che volevo evidenziare è il seguente: al centro di ogni rapporto e relazione c’è il singolo individuo, con la sua identità e i suoi atteggiamenti; successivamente vi è il gruppo, inteso come ente formato da singoli individui che creano un’ulteriore identità e danno vita a nuove dinamiche all’interno dello stesso; l’altro livello di interesse sono i gruppi in relazione tra loro e infine vi è la società, essa intesa come la macro area di analisi dove si esplicano processi psicologici, sociali e sociologici su ampia scala. Pertanto, l’analisi del conflitto tra due individui non può che passare anche dall’analisi del contesto di gruppo e poi sociale nel quale essi sono inseriti.

Questi due aspetti poc’anzi specificati sono assolutamente collegati tra loro nella parte in cui è lapalissiano che l’odierna società, strutturata in modo gerarchico, determina una forte disuguaglianza di potere. Questa forte asimmetria di potere ha creato nel tempo la dominanza di un piccolo gruppo di persone nei confronti di altri gruppi subordinati. La disuguaglianza di potere è un fattore che incide negativamente sulla salute mentale e sul benessere degli individui a diversi livelli. Una maggiore disuguaglianza sociale incrementa il grado di minaccia percepita dagli individui, apportando un’ansia più elevata: coloro che si trovano ai livelli gerarchici inferiori sono in una posizione di subordinazione che si ripete nel tempo e nei vari contesti. (STIGI, S. 2021. Piesse www.rivistapiesse.it. 7, 11-2) Questa dinamica crea problemi sia al tessuto sociale, che risulta sfaldato a causa del modello competitivo che viene promosso, sia a livello personale in quanto le persone soffrono maggiormente di disagi psichici e, in particolare, manifestano comportamenti meno inclini alla disponibilità e più tendenti all’ostilità (Wilkinson R. Pickett K. 2019. L’equilibrio dell’anima. Perché l’uguaglianza ci farebbe vivere meglio. Feltrinelli Editore). Vi sarà, inevitabilmente, un alto grado di rabbia percepita e espressa come risposta alle minacce esterne, qualunque esse fossero. Questo sottofondo di disagio e aggressività covava nella coscienza individuale e collettiva da molto tempo. Il coronavirus ha solo spalancato la porta.
Questo stress psicosociale che conduce anche all’attuazione di comportamenti aggressivi, accomuna entrambi gli individui che oggi vivono quel contrasto descritto in premessa. Entrambi i soggetti sono fortemente condizionati dal disvalore della competizione perché il modello sociale imposto della dicotomia dominanza/sottomissione è pregnante in tutti i luoghi del vivere sociale (lavoro e scuola in primis). Possiamo quindi affermare che questo disagio sociale viene vissuto comunemente e che pone ostacoli notevoli nell’affrontare e risolvere un potenziale conflitto.
Un’altra importante riflessione che vorrei sottoporre all’attenzione del lettore è che il pensiero, le emozioni e il comportamento di un individuo, non essendo isolato, sono influenzati dal gruppo di appartenenza. Quello che emerge sempre di più è che la categoria sociale della folla o massa altera la volontà del singolo il quale diventa suggestionabile, incoerente ed eccessivamente emotivo. (Gustave Le Bon, Psicologia delle Folle) I processi di adesione ad una folla sono stati analizzati da Canetti nel suo testo “Massa e Potere”. Sulla scorta delle argomentazioni di Canetti potremmo ipotizzare che i soggetti oggi divisi in merito alle decisioni del Governo, fanno parte di due tipologie di masse: una aperta, per chi accetta la narrativa pandemica (la maggioranza) in linea con le istituzioni, ossia quel tipo di massa che tende ad accrescersi ma che rischia di disgregarsi; una chiusa, per chi invece è critico (la minoranza), ossia quel tipo di massa che tende a chiudersi in sé, con lo scopo di guadagnare una maggiore resistenza nel tempo. Infatti questa minoranza di persone si sente non solo messa all’angolo dalla maggioranza e dalla pubblica opinione, ma schiacciata soprattutto dalle stesse istituzioni.
Pertanto, volendo costruire un perimetro di dialogo, è fondamentale comprendere che gli individui sono influenzati e si conformano al gruppo, piccolo o grande che sia, nel quale si identificano. Comprendere questo è importante: molte volte noi stessi prendiamo per scontato che i presupposti che muovono i nostri ragionamenti provengono direttamente dalla nostra testa e non consideriamo il fatto che, invece, potrebbero arrivare dal gruppo di appartenenza. Quante volte utilizziamo parole, etichette, stereotipi assimilati passivamente dalla comunicazione televisiva e dal web? Lo scontro sociale che si realizza intorno alla narrazione pandemica è in realtà, molte volte, uno scontro tra gruppi, solo apparentemente individuale. Anche questa adesione più o meno acritica ad un gruppo o folla, accomuna i cittadini che attualmente sono divisi e distanti. Lippmann, nel suo testo “Opinione Pubblica”, espone che gli individui non possono venire a conoscenza, in modo diretto, di ciò che accade al di fuori della loro vita circoscritta, per questo motivo si creano delle corrispondenze tra il mondo e le immagini e cercano dei punti di riferimento esterni per affidarsi. Pertanto, tutti quanti noi siamo fortemente influenzati dalle informazioni che arrivano dall’esterno e che in un contesto di dialogo bisognerebbe prendere in considerazione anche questo aspetto al fine di spersonalizzare lo scontro.

Sintetizzando potremmo sostenere che gli individui che oggi vivono in contrasto a causa della pandemia hanno in comune lo stress psicosociale dell’appartenenza ad una società troppo gerarchica, il conformismo ad un gruppo o massa e l’influenza esercitata dai media. Dal che deriva un individuo con scarse propensioni ad una consapevole autonomia di pensiero, in entrambi i casi.
Siamo più vicini di quanto sembrerebbe, allora. Siamo vicini nella nostra comune fragilità individuale, poi collettiva, di fronte ad un sistema di governo che rende il cittadino privo di potere, passivo dal punto di vista democratico e facilmente influenzabile e suggestionabile.
Potrebbe essere questa una base di partenza per tentare di ipotizzare un confronto costruttivo?
Saper riconoscere che l’aggressività, l’indifferenza verso la sofferenza del prossimo, sono il risultato di questa fragilità costruita dalla società amministrata, potrebbe essere un primo passo verso una pacificazione sociale?
Forse.
E poi, l’emozione avvertita da chi ha paura del virus è pienamente legittima, così come quella vissuta da chi ha paura del possibile avvento di un regime totalitario. Paure che traggono la loro forza da qualcosa che sia reale o meno, poco importa ai fini del riconoscimento e rispetto dell’altrui identità e individualità. Ogni paura è realmente avvertita dal soggetto, anche se potrebbe derivare da una percezione e non dalla realtà. Tutte le emozioni hanno diritto di cittadinanza e piena legittimità sociale. Anche questo potrebbe diventare un punto di incontro.
Ritengo assolutamente necessario per tutti noi almeno iniziare a porsi queste domande e riflessioni. Curare solo il nostro piccolo orticello dove ci sta conducendo? Non è possibile che la nostra società sia destinata a naufragare nel mare dell’incomprensione e dello scontro. Dove sono finiti i valori della solidarietà e dell’amicizia?
Mi permetto di offrire un consiglio pratico. Se intravediamo un potenziale scontro, prendiamone le distanze per il momento. Quando non è possibile prenderne le distanze, almeno non gettiamo benzina sul fuoco. Il nemico non è il nostro vicino, l’amico, il parente, il carabiniere, ma coloro che detengono i mezzi e determinano i fini. E’ contro di loro che dovremmo scagliare la nostra rabbia! I veri governanti dovrebbero ispirarsi al bene e alla giustizia, non dovrebbero permettere, o addirittura alimentare, che una società si sfaldi per motivi di salute pubblica. La salute non può diventare un campo di battaglia, dovrebbe unirci anziché dividerci. Ogni cittadino non vorrebbe ammalarsi così come vorrebbe vivere in una società autenticamente democratica.
In conclusione, è chiaro ed evidente che non ho risposto direttamente agli interrogativi posti in premessa. Sicuramente non è semplice, oggi, affrontare la socialità e le relazioni, anche per il sottoscritto. Quello che stiamo imparando, e che ci serva da lezione, è che l’individuo della società della conoscenza è fragile ed impreparato dinanzi a tutto questo. Le certezze che ci hanno accompagnato dal dopoguerra ad oggi e che ci hanno fatto credere di vivere sotto un ombrello di apparente serenità sociale, poi non sono così certe.
E’ bastato un solo virus, uno solo, per dividerci !