“Chi resta a casa quando la battaglia comincia e lascia che gli altri combattano per la sua causa
deve stare attento: perché chi non partecipa alla battaglia parteciperà alla disfatta.
Neppure evita la battaglia chi la battaglia vuole evitare:
perché combatterà per la causa del nemico
chi per la propria causa non ha combattuto.”
Noi del mondo occidentale riteniamo che, tutto sommato, viviamo nel migliore dei mondi possibili che la modernità abbia concepito e realizzato sino a questo momento e che, comunque, l’umanità si sia ormai storicamente incamminata verso la strada del progresso universale, prosperità e benessere. Chi mai potrebbe mettere in dubbio il fatto che in tutta la storia dell’uomo, il nostro attuale tenore di vita non sia stato mai così alto e stabile rispetto al passato? Poi se in Italia 1 persona su 4 è a rischio povertà e che oltre 5 milioni di persone vivono in uno stato di povertà assoluta questo non è rilevante, non deve destare scandalo e indignazione perché, appunto, dobbiamo convincerci che viviamo nella società migliore possibile, l’unica pensabile. L’importante è che il cittadino medio sia soddisfatto nei propri bisogni e necessità, abbia denaro a sufficienza per l’acquisto di beni superflui e intrattenimento: “un mondo dove tutto è solo uso e consumo”. Così accade che l’epoca moderna è caratterizzata dal culto dell’accumulo materiale e dal vuoto di sensi e significati dove la massima cristiana “ama il prossimo tuo come te stesso” è percepita come anonimo sentimentalismo e convertito in “ama solo te stesso”.
Ci crediamo di essere al centro di ogni universo possibile dalle mille luci sfavillanti dei centri commerciali e non ci accorgiamo di essere rinchiusi nelle tetre stanze della disperazione interiore perché è più importante avere che essere. Noi viviamo in una società che si dice democratica, libera, laica, aperta alle istanze del prossimo quando, però, non ci rendiamo conto che, in realtà, siamo proprio l’esatto contrario. La nostra realtà è “la società del contrario”, gerarchica e oligarchica. Basterebbe vedere il fatto che noi tutti releghiamo il più delle volte le nostre decisioni nelle mani di altri. Noi decidiamo di ascoltare unicamente la voce di coloro che ci sembrano appartenere all’autorità senza prendere in considerazione e analizzare il contenuto ed il significato delle loro parole. Le uniche ragioni che ascoltiamo noi oggi sono quelle che il potere ci detta attraverso la televisione e i nuovi strumenti tecnologici. Se qualcosa viene detta dalla televisione vestita di autorità pubblica, diviene vera o comunque la maggior parte di noi ci crede, tralasciando quel piccolo dettaglio consistente nella verifica della sua verità. Certo, nella vita quotidiana ognuno fa come gli pare per quelle frivolezze che riguardano l’intima vita di ciascuno di noi, ma per quelle questioni veramente importanti che determinano le sorti della vita sociale di noi tutti, la maggioranza, la così detta massa, segue a capo chino in maniera acritica il modello sociale imposto dagli organi di stampa.
Siamo tutti quanti immersi nel mare dell’industria culturale, una cultura che ci è stata imposta, volgare, limitata e brutale, fatta di semplificazioni, stracolma di stereotipi sessisti, votata al culto del denaro e dell’abbondanza. Non ci interessa se la società produce povertà, tragedie e disastri ambientali, l’importante è che continuiamo a vivacchiare in un cieco ed eterno presente in cui la vita inizia al mattino e termina la sera. Non riusciamo a volgere lo sguardo oltre i nostri sensi e le percezioni fisiche, figuriamoci poi verso quei luoghi di dolore dove si consuma l’abbandono istituzionalizzato di famiglie e bambini al loro triste ed inevitabile destino di dimenticati. Una società ridotta ai minimi termini dal punto di vista intellettuale perché mamma televisione ci educa all’indifferenza, al grottesco e al consumo condizionato di tempo non-libero. Basti guardare le varie serie tv, talk show e tutta la filmografia hollywoodiana per rendersi conto che la cultura è stata messa da parte perché si vuole un individuo che non pensi e che sprofondi con la mente nel comodo e avvolgente divano. Se prendessimo il cittadino contemporaneo e gli chiedessimo a quale modello ispira la sua vita ci risponderebbe, nei casi più fortunati, con qualche calciatore/sportivo o attore americano. Qualcuno potrebbe sostenere che queste sono parole troppo dure nei confronti del cittadino e che sono il prodotto di arroganza e snobismo intellettuale. Ma l’arroganza vera è del cittadino, incapace di percepire l’assenza della cultura dalla sua vita e di confonderla con l’intrattenimento volgare. “Che cos’è mai un uomo, se il suo bene principale, se quel ch’egli ottiene in pagamento per il suo tempo non sian che sonno e cibo? Una bestia!” (Shakesperare).

“A dispetto dei tanti grandi proclami, la nostra società non mira purtroppo ad un orizzonte futuro più umano, quanto al suo contrario e questo anche perché, ad un certo punto della storia, si è voluto iniziare a credere che le società esistano per il soddisfacimento dei bisogni ed il sollazzo e non per il miglioramento, potenziamento o sostegno delle qualità umane…Una cultura seria, unico fondamento di una civiltà autentica, è quella che incita l’umano e che aiuta a capire che non si può arrivare alla fine dei propri giorni senza aver mai letto un dialogo di Platone, aver consultato la Bibbia, aver riposato su alcune dolci pagine di Proust o tremato di fronte alle ombre che sgusciano tra le parabole di Kafka o i racconti Poe. Come non pensare all’ammonimento contenuto nell’Apologia di Socrate: una vita senza ricerca non merita di essere vissuta…”
Una società con individui che non leggono i buoni libri, senza pensiero e conoscenza è una società senza valori e anticorpi contro la manipolazione e l’omologazione, destinata a diventare facile preda di follie collettive e brutalità. Una società che dimentica il passato e i moniti dei grandi pensatori che ci hanno offerto i rimedi per non ricadere nella barbarie e nel buio della ragione. Una società che non scorge il grave pericolo che si cela dietro la concentrazione del potere nelle mani di pochi. Queste oligarchie hanno oggi strumenti di persuasione e manipolazione incredibili grazie alla spropositata quantità di ricchezza che hanno a disposizione. Basti pensare che ci sono solo 63 persone che detengono lo stesso patrimonio finanziario di tutta la popolazione mondiale. L’aumento del potere si è spaventosamente fortificato con la tecnica. Non solo il potere riesce a condizionare la singola persona verso una vita dedita al consumo sfrenato di beni effimeri, ma il dato allarmante è che attraverso la manipolazione, soprattutto televisiva, produce stati d’animo tali per cui le nostre emozioni nascono dall’apparenza e dalle illusioni e non dalla realtà e dai fatti, dove l’apparenza diventa realtà e la realtà apparenza. L’individuo della modernità non vede tutto questo perché i suoi occhi sono stati chiusi alla conoscenza. Lui non si preoccupa e non alza il capo dalla tavola dell’abbondanza materialistica, fintanto che lo Stato continuerà ad ingozzarlo con cibo, un cellulare e almeno una vacanza l’anno. “Andrà tutto bene”, continua a ripetere la signora Cesira e il signor Zebedia! Ci sono i diritti, la Costituzione e le persone competenti che ci proteggono, pensano loro. Ma non comprendono che oggi il diritto e la competenza tecnica, che è solo una componente della scienza e non la scienza stessa, si sono piegati al potere diventando freddi procedimenti senza prospettive etiche e che la giustizia si è involuta nell’utile del più forte, quella forza che ritiene utile solo l’aspetto economico della vita. “E’ illusorio riporre delle speranze sulla possibilità che possa sbocciare negli animi di uomini potenti il disinteresse in campo economico. Da che mondo e mondo, il potente ha dimostrato di non essere capace di coltivare tale virtù.”
Il potere ha sempre sfruttato chi è debole e non può mai essere sbalzato finchè non gli si erga contro un’altra forza. Sarà sempre necessario ed inevitabile un conflitto sociale fintanto che esisterà un esagerato accentramento del potere nelle mani di pochi e, soprattutto, quando questo potere tenterà di schiacciare la libertà e nascondere la verità. Abbiamo dimenticato la grande opportunità che ci offre la rivendicazione e la contestazione politica contro la follia del potere, mentre ci consumiamo con l’inutile e passivo attivismo da salotto dei like su facebook. La maggior parte di noi assume la convinzione che la fratellanza tra gli uomini sia un valore ormai acquisito e sottovaluta, invece, la persistenza e l’espansione dell’egoismo delle oligarchie. I fatti nel loro complesso ci dicono che i grandi interessi economici di pochi hanno sempre determinano povertà, violenza e annichilimento delle coscienze individuali, oggi più che mai. Il potere ha sempre cercato di trasformare le masse in contenitori di ingiustizie e violenze pur di conservare il dominio. Dapprima lo faceva con la coercizione violenta, adesso con raffinata propaganda e persuasione, condizionando la mente del cittadino a credere che questa sia l’unica società possibile, che non ci sono alternative. Stiamo sopravvalutando il peso dei fattori morali e razionali individuali e non ci accorgiamo della subdola sopraffazione e della crescente forza di un piccolo gruppo di persone che detiene uno spropositato potere. “L’uomo che ha il potere, per quanti impulsi umani possano risvegliarsi in lui, resta sempre un animale da preda”, un lupo come sentenziava Socrate. La democrazia non si è mai liberata dagli interessi particolari delle classi dominanti, anzi è lo Sato che oggi si piega alle loro necessità. “L’uguaglianza, la giustizia distributiva è il più razionale supremo obiettivo che una civiltà possa proporsi”. L’aspirazione al bene e alla verità i suoi eterni ideali. “Gli oppressi, pertanto, hanno da un punto di vista morale un diritto di sfidare i loro oppressori maggiore di quanto questi non l’abbiano di conservare con la forza il loro predominio.” A tal proposito Gandhi ha tanto insistito sulla “forza dello spirito” come clima con cui un dato programma politico debba essere portato avanti in quanto ogni conflitto sociale ha bisogno di trovare i suoi valori e, soprattutto, la sua etica per avere una qualche efficacia. “Solo una sublime pazzia di realizzare una vita collettiva completamente giusta può combattere con il potere malefico e con la malvagità spirituale delle alte sfere”, una pazzia sempre posta sotto il controllo della ragione.
Bisogna solo cominciare per davvero!
Riferimenti bibliografici: Uomo morale e società immorale di Reinhold Niebuhr e La società del Contrario di Sergio Caldarella