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Qui di seguito, in estrema sintesi, il pensiero di Michel Foucault sul concetto di potere. È interessante quanto sia attuale e rivelatorio l’argomentazione che costui svolge. I piccoli e modesti spunti sono stati presi da M.FOUCAULT, Microfisica del potere – interventi politici, Einaudi Editore, Torino 1977 e Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, 2014.

Noi pensiamo ancora il potere secondo i vecchi modelli del sovrano e della proprietà. Il modello del sovrano implica che il potere venga visto come un comando applicato attraverso la legge. Il modello della proprietà comporta invece che il potere venga ritenuto come qualcosa che si possiede, che alcuni hanno e altri no, che si può cedere o acquisire. 

Come va pensato allora il potere?

Il potere va pensato innanzitutto secondo un modello reticolare. Il potere è una rete secondo Foucault. Il potere è sostanzialmente un insieme di azioni su azioni. Si esercita un potere non quando si trasmette un’energia su un polo passivo, ma quando un’azione influenza il campo di altre azioni possibili di altri soggetti. Questo vuol dire esercitare realmente un potere; tutto il resto è forza, violenza, comunicazione, ma non potere. Da qui Foucault deriva un’altra conseguenza: il potere per esercitarsi deve lasciare dei margini di libertà. In alcuni casi deve addirittura crearli questi spazi per imporsi sui soggetti destinatari. 

Il potere è poi storico. Secondo Foucault esistono modelli e tipologie differenti di potere perchè ogni tecnica di potere risponde essenzialmente a un’urgenza storica. Il potere è chiamato a rispondere e risolvere un determinato problema. Le urgenze storiche alle quali il potere, nell’età moderna, è stato chiamato a rispondere sono essenzialmente due:

1. Gestire un numero ristretto di individui in uno spazio chiuso.

2. Gestire una grande popolazione su un territorio molto vasto. 

Al primo di questi problemi, risponde il potere disciplinare, che si sostanzia nella tecnica che permette di gestire un piccolo numero di individui in un piccolo spazio. È la tecnica di potere che permette la produzione, la disciplina nella fabbrica e nella società.

La seconda tecnica di potere è quella che risponde alla necessità di gestire grandi masse di popolazione. Ad un certo punto, il processo di creazione dello Stato moderno ha comportato la necessità di gestire grandi numeri di individui, grandi masse. La risposta del potere a questa urgenza è stato il biopotere. In poche parole, il potere ha iniziato ad occuparsi della vita degli individui, non tanto del loro comportamento, ma di tutto ciò che riguarda gli aspetti immediatamente vitali, della loro vita, la salute, l’igiene, la fertilità, la mortalità: tutto questo è il campo di un biopotere.

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Il biopotere sembrerebbe avere un’essenza positiva. In realtà, con uno sguardo attento e storico, non è così. Foucault svela anche il lato nascosto, il lato oscuro del biopotere.

Proteggere una popolazione, assicurarne la salute, che è il compito essenziale dei poteri moderni, può richiedere, in alcuni casi, l’eliminazione di un pericolo o una minaccia rappresentati da una parte della popolazione stessa o da un’altra ancora. In questi casi il biopotere si rovescia nel suo contrario diventando un potere che in nome della vita è costretto a dare la morte attraverso massacri e genocidi.

Cercando di analizzare la situazione attuale della nostra modernità, non possiamo non renderci conto che le cosiddette democrazie europee, non sono più quelle che eravamo abituati a guardare come Stati fondati su una tradizione costituzionale e sulla partecipazione del cittadino. Si sono piuttosto trasformati gradualmente e progressivamente in quelli che possiamo chiamare Stati di sicurezza e di emergenza (si pensi agli anni del terrorismo, oggi alla pandemia e chissà cos’altro nel prossimo futuro). Sono degli Stati dove ogni azione politica partecipativa diventa impossibile perché le regole della partecipazione e delle garanzie costituzionali sono sospese in virtù, proprio, di un’emergenza contingente. Sono degli stati fondati sulla paura e sul controllo biopolitico.

Comments(4)

    • Annamaria Oliva

    • 2 anni ago

    Perfetta analisi della drammaticita’ che stiamo vivendo…e quanto paura e controllo siano gli alimenti di cui si nutre questa società’… e in fondo questo e’ insito nell’ uomo che non ha preso coscienza della VITA COME MOVIMENTO LIBERO INTERIORE CHE VA ACCOMPAGNATO E SOSTENUTO…..

      • domenicoconversa

      • 2 anni ago

      Annamaria Oliva ti ringrazio per il tuo commento. Purtroppo viviamo in una società che ha perso di vista la persona in quanto tale nei suoi infiniti rigoli metafisici. Una società della materia in cui anche la scienza si è smarrita negli anfratti dei soli fatti.

    • Nico Delfine

    • 2 anni ago

    Articolo molto interessante che ci interroga sulle ultime “involuzioni” delle società occidentali. La società della sorveglianza mi sembra ormai un dato di fatto, figlia comunque di processi per nulla casuali che hanno stimolato sempre di più la “domanda di sicurezza” da parte degli stessi cittadini sotto la tempesta, spesso mediatica, del terrore come condizione umana permanente e del terrorismo come strumento che regola i rapporti di forza. Rispetto alla questione “biopotere” mi sembra possa essere ricollegata alla nuova frontiera delle 2C, ovvero Capitalismo + Controllo (sociale), come da modello da anni applicato in Cina. Concludo con l’impressione che proprio il biopotere sia lo strumento cardine di un “paternalismo” fintamente di Stato.

      • domenicoconversa

      • 2 anni ago

      Nico Delfine, grazie per il tuo commento. Aggiungo che al controllo sociale bisogna rispondere con un percorso culturale. Non riempire vasi vuoti ma accendere fuochi.

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