“Guardate Silone” disse Camus. “Egli è radicalmente legato alla sua terra, eppure è talmente europeo”. Infatti i suoi romanzi, i saggi più significativi e i lavori teatrali di Ignazio Silone sono tutti ambientati in Abruzzo, ma la loro problematica sociale politica religiosa trova un’eco immediata negli altri Paesi, dove i suoi libri continuano a essere tradotti e discussi. In Italia lo abbiamo dimenticato. Si oppose al fascismo fin dalle origini, fu redattore dell’Avanguardia (organo della gioventù socialista) e del “Lavoratore” di Trieste, la cui tipografia venne ripetutamente incendiata dagli squadristi. Divenne attivista clandestino insieme a Gramsci. Fu costretto a scappare all’estero stabilendosi in Svizzera nel 1930. A quell’anno risale la sua rottura col movimento comunista, caduto sotto la tirannia staliniana. I suoi libri d’esilio testimoniano una coerente opposizione contro ogni forma di totalitarismo. Consiglio la lettura del romanzo Fontamara e del saggio La scuola dei dittatori.
“No, il fascismo veramente non è caduto dal cielo ed esso non ha sottomesso a sé gli uomini liberi, ma folle già predisposte a servire dal loro modo quotidiano di vivere e già educate a ubbidire da tutte le forme della vita democratica […] politici, i quali amano servirsi degli uomini come docili strumenti.” (La Scuola dei dittatori)
“Dopo tante pene e tanti lutti, lacrime e tante piaghe, tanto odio, tante ingiustizie e tanta disperazione, che fare?” (Fontamara)
Le parole di un testimone diretto come Ignazio Silone rieccheggiano dal passato sino ai giorni nostri. Come non vedere la stessa situazione che noi, testimoni diretti, stiamo vivendo? Masse amorfe di persone che si muovono e si scuotono solo davanti a sollecitazioni emotive.