Ma la terra interamente illuminata
splende all’insegna di trionfale sventura
Max Horkheimer e Teodor W. Adorno
Prima di introdurre il cuore del discorso mi preme esporre alcune premesse (incomplete) in merito alla così detta Scuola di Francoforte. Questo perché, quello che seguirà, sarà un discorso che prenderà a prestito il pensiero di Herbert Marcuse, un importante esponente di detta scuola, comparandolo poi con quello di George Orwell. Quello che vorrei evidenziare con questo parziale e modesto contributo è che, essendo immersi in una società del controllo e del condizionamento, poco spazio rimane all’individuo di essere libero mentalmente e di autodeterminarsi e che, a causa di ciò, la nostra conoscenza è diventata qualcosa che ci viene data dall’esterno poiché non siamo più in grado di creare nostre opinioni se non quelle del modello sociale imposto. La struttura e la creazione di un particolare linguaggio è uno degli strumenti fondamentali nelle mani dei governi (commissionati dalle società di pubbliche relazioni. Sì, i governi vengono commissionati) grazie al quale veniamo condizionati e manipolati. E’ un aspetto molto importante da analizzare per aprire un’importante questione morale e diventarne consapevoli. Le parole che conosciamo e utilizziamo sono importanti. Il linguaggio è uno dei modi con cui ci rappresentiamo e interpretiamo il mondo. Pertanto, in base all’utilizzo che ne facciamo delle parole, sviluppiamo determinati pensieri che a loro volta determinano il nostro comportamento.
La scuola di Francoforte
La Scuola di Francoforte è una scuola sociologico-filosofica sorta nel 1923 e formata per lo più da filosofi e sociologi tedeschi di origine ebraica. Gli orrori del nazismo hanno influenzato per forza di cose queste ricerche sociologiche. La scuola di Francoforte è una sintesi tra pensiero hegeliano, marxista e freudiano. Cerca con questi pensieri, uniti a una certa visione della sociologia, della letteratura e di una visione del mondo intero, di costruire una teoria critica della società. L’opera che più di ogni altra spiega la tendenza della Scuola di Francoforte è la “Dialettica dell’Illuminismo” di Max Horkheimer e Theodor W. Adorno (1947). Quest’opera sostiene che l’umanità è finita nella logica del dominio attraverso un’operazione ideologica/culturale. Tale operazione inizia a prendere forma dal rinascimento con Bacone, Galileo, Cartesio ed altri perché si è iniziato a porre al centro un concetto di logica e ragione collegate alla tecnica. In Platone, invece, la ragione serve a creare un macrosistema di riferimento, di concetti universali oggettivi; è una ragione dei fini (consiglio al riguardo la lettura del libro di Sergio Caldarella L’ultima dea d’occidente). Il fine è il miglioramento dell’uomo, di tutti gli uomini senza alcuna distinzione. Socrate, attraverso Platone, quando parla del buon governo si riferisce a tutti gli individui appartenenti la società per migliorare l’uomo, il mondo e il rapporto tra l’uomo e il mondo stesso. La ragione moderna, con i nuovi sistemi scientifici-rinascimentali, poi ribaditi dal positivismo scientifico e dalla supremazia della scienza come tecnica e procedimento sopra ogni cosa, diventa una ragione degli strumenti. Questi strumenti servono per raggiungere degli obiettivi utili, a prescindere dai valori di giustizia e di etica. Infatti, l’obiettivo utilitaristico porta l’individuo a ragionare ponendosi in contrapposizione con l’altro, contro l’altro. Se la ragione, invece, è dei fini (del buono, del vero e del bello), si vince tutti perché il mondo aspira a diventare migliore. Mentre, se la ragione è degli strumenti, l’obiettivo utile per se stessi può essere raggiunto anche e soprattutto danneggiando gli altri. L’allenatore deve allenare meglio il calciatore perchè diventi più bravo degli altri giocatori, così come il professore deve far studiare meglio gli studenti affinchè diventino più preparati di altri studenti. Ciò che prevale in questi casi è l’elemento strumentale della ragione perché consente di far emergere socialmente un individuo a scapito degli altri. Il libro la “Dialettica dell’Illuminismo” prende l’illuminismo come elemento di riferimento perché è l’emblema della ragione strumentale che diventa la nuova religione. La “rivoluzione maledetta” come sentenzia il Prof. Sergio Caldarella. Un principio cardine di questo tipo di ideologia è che chi vince ha ragione. In Platone non avevano ragione i tiranni che dominavano, nei vangeli Gesù si scagliava contro chi governava. Oggi, invece, si sostiene che chi vince le elezioni politiche vuol dire che ha espresso meglio le sue ragioni a prescindere dal loro contenuto. Colui che prende tanti voti è giusto che governi tralasciando le sue reali intenzioni e competenze. La stessa cosa si potrebbe dire nei confronti di chi vende tanto come imprenditore, o del programma televisivo che produce tanto audience: si ritiene che piacciono ed è giusto così perché il mercato li premia. In realtà, però, l’imprenditore affermato e il conduttore televisivo hanno utilizzato un particolare tipo di strumento per raggiungere un obiettivo utile, non giusto e buono. Queste ultime caratteristiche potrebbero anche essere presenti, ma si aggiungono, forse, come contorno, ma non sono i fini. Il fine è l’interesse economico, è la competizione e supremazia sugli altri. La preoccupazione della Scuola di Francoforte è che, instauratasi questa logica del dominio, l’individuo contemporaneo non riesca più ad uscire da questo meccanismo logico per cui lui esiste se domina o se viene dominato. Ne discende che per esistere si cercherà di dominare gli altri e il mondo attraverso gli strumenti di dominio. Tali strumenti di dominio non sono solo economici, ma soprattutto culturali, del linguaggio, della musica, dell’arte, del discorso pubblico.

Max Horkheimer e Teodor W. Adorno
Marcuse e l’uomo a una dimensione
Nel suo libro “L’uomo a una dimensione”, anche Marcuse sostiene che il progresso industriale fonda la società contemporanea sul dominio dell’uomo sull’uomo. Non che questa sia una novità, anzi è l’antico dilemma del rapporto tra potere e libertà. La storia dell’uomo (almeno negli ultimi 4-5 mila anni) si è sempre caratterizzata dal fatto che la maggior parte della popolazione abbia subito la subalternità e la sudditanza rispetto a un piccolo gruppo di individui: il Faraone, il Re, l’Imperatore, il Pontefice e le varie oligarchie succedutesi nel tempo. La novità della nostra società industriale avanzata è che l’antico rapporto schiavo-padrone, oggi non viene più percepito e riconosciuto come tale dall’uomo moderno. Quest’ultimo, accecato dal benessere materiale e dalla possibilità di consumare, crede di vivere in una società libera e democratica, mentre, in realtà, è addormentato e addomesticato in quanto la sua schiavitù è mentale e della coscienza. La causa di ciò, secondo Marcuse, è determinata dal modo in cui la società industriale ha organizzato il lavoro e la sua produttività. L’individuo diventa un mezzo per raggiungere un obiettivo utile economicamente. Questo tipo di razionalità strumentale creata dalla società avanzata, che ha assorbito il soggetto nell’oggetto, il pensiero critico e autonomo nella parte tecnologica-politica, è riuscita nel suo intento di integrare e uniformare tutte le classi sociali, di sopprimere il dissenso, di ingabbiare l’individuo in un universo linguistico della quantità, anziché della qualità, in una dimensione tecnologica e consumistica. Il potere si camuffa abilmente dietro la parola democrazia, ma di democrazia non c’è quasi nulla, se non invitare il cittadino ad apporre una crocetta su di una scheda ogni cinque anni obbligandolo a scegliere tra candidati imposti dalle segreterie dei partiti. Le parole democrazia, libertà, diritti sono oramai termini inflazionati che hanno perso il loro reale significato. Per esempio, si può essere liberi dalle pulci così come si può essere liberi intellettualmente. Il cittadino medio non ne percepisce la differenza. La parola libertà non evoca più le sue intrinseche e profonde sfumature, ma riproduce una fredda descrizione di un fatto. E senza una reale libertà, questa società è l’unica pensabile, in quanto all’individuo viene sottratta la scelta di essere qualcos’altro rispetto al racconto sociale imposto. Non vi è dubbio che una società così strutturata è essenzialmente repressiva. Secondo Marcuse ci troviamo in una società fortemente repressiva in virtù proprio dell’efficienza tecnica. Una tecnica che rende falsamente felici, perché la razionalità tecnologica essendo così produttiva ed efficiente ha creato una situazione di benessere materiale tale per cui le nostre coscienze possono accettare ciò che di irrazionale e di sbagliato c’è in questo mondo, proprio in virtù del fatto che noi crediamo di stare bene così come stiamo. L’irrazionalità viene marginalizzata e per questo possiamo accettare ad esempio che in alcuni paesi ci siano problemi di obesità e in altri paesi si muoia di fame. Possiamo accettare che ci ammaliamo a causa del nostro stesso stile di vita. Possiamo accettare che la società della conoscenza continui ad inquinare gravemente gli elementi fondamentali della nostra vita come aria e acqua. In base a questo livello di benessere consumistico, l’irrazionalità viene nascosta e la nostra coscienza può accettarla ed essere felicemente infelice. La popolazione si sente tranquilla, sicura, si sente come se la società di prendesse cura di lei e quindi non si accorge di tutti i mezzi attraverso i quali la società industriale avanzata applica la repressione. Un fondamentale strumento di repressione del dissenso, che il potere utilizza e fabbrica socialmente, è l’impiego di un certo tipo di linguaggio.

George Orwell e la neolingua
E’ interessante, al riguardo, comparare alcuni spunti di riflessione presi dall’appendice del romanzo “1984” di George Orwell sull’analisi della neolingua con quelli di Marcuse. E’ bene anche premettere che George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair, è uno scrittore diventato famoso per il suo romanzo distopico (forse profetico?) “1984” scritto nel 1948. Ma è stato anche un fecondo scrittore di altri importanti romanzi e saggi con i quali ha portato all’attenzione del lettore una feroce critica alla società inglese e alla sua deriva immorale. Grossolanamente, si potrebbe sostenere che il romanzo “1984” sia stata l’opera con la quale Orwell abbia condensato il suo pensiero in un grandioso romanzo e che, attraverso l’intrattenimento letterario, abbia voluto lanciare un grido di allarme contro la possibilità che si potesse realizzare una società del dominio e del controllo sociale. Una voce, ahimè, che ha gridato e continua a gridare nel deserto!
La neolingua è la lingua artificiale descritta da Orwell nel suo romanzo ed è quella ufficiale dell’unico partito che governa la società. Come spiega nel saggio, lo scopo di questo nuovo parlare, che è in continua elaborazione, è quella di offrire ai devoti del partito unico, un mezzo espressivo che sostituisca la vecchia visione del mondo e allo stesso tempo renda impossibile ogni altra forma di pensiero. Scrive Orwell: “Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire, a beneficio degli adepti del Socing, un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Si riteneva che, una volta che la neolingua fosse stata adottata in tutto e per tutto e l’archeolingua dimenticata, ogni pensiero eretico (vale a dire ogni pensiero che si discostasse dai principi del Socing) sarebbe stato letteralmente impossibile.” La neolingua è stata concepita per restringere la gamma di pensieri riducendo al minimo le parole utilizzabili al fine di eliminare la vecchia lingua portatrice di pensieri eretici. Viene ridotta, pertanto, la quantità dei termini perché la neolingua vuole andare a ridurre le capacità speculative dell’uomo in modo tale che non abbia i mezzi espressivi per potersi opporre in alcun modo. Le sfumature di significato delle parole vengono eliminate in modo tale che non possano essere utilizzate come mezzo espressivo di contestazione. Vi è poi l’annullamento dei contrari perché si vuole la totale perdita della dignità di qualsiasi concetto. Si pensi, ad esempio, alla parola “positivo” che oggi ha assunto una connotazione negativa e alla parola “negativizzarsi” che ha, al contrario, assunto una valenza positiva. Un altro esempio è la parola “asintomatico” che, attraverso i canali informativi pubblici, viene associata ad un pericolo, ma che in verità significa solamente assenza di sintomi, deformando, pertanto, il suo reale significato. Le parole non devono essere ambigue, non devono contenere sfumature, non devono far pensare, ma solo descrivere. Personalmente ritengo che la riflessione, il pensiero e la contestazione, stanno proprio lì dove ci sono delle pause. Se una lingua scorre senza pause e senza inceppamenti e non vi è tempo per la riflessione, la lingua diventa molto più ipnotica e allo stesso tempo toglie il tempo per riflettere e formulare una critica, un dissenso.

Il linguaggio a una dimensione
Marcuse sostiene che se nella società emergono forme di pensiero, idee, aspirazioni e obiettivi che divergono dall’universo costituito del discorso, vengono respinti, o ridotti ai termini di detto universo. Egli scrive: “Questa realtà a una sola dimensione non significa che le attività spirituali, metafisiche svaniscano e vengano rigettate. Al contrario, vengono anche alimentate. Ma tali forme di trascendenza non contraddicono lo status quo e non hanno carattere negativo. Esse sono piuttosto la parte cerimoniale del comportamentismo pratico, una sua negazione innocua”.Sempre secondo Marcuse, questa tendenza si può collegare a due sviluppi nel campo del metodo scientifico: l’operazionismo nelle scienze fisiche e il comportamentismo nelle scienze sociali. L’aspetto comune è un empirismo totale nel modo di trattare i concetti, per cui i concetti e i pensieri vengono usati dalla persona solo come strumento. In questo modo non c’è astrazione, non si va oltre l’osservazione di quello che si vede e si tocca. Così accade che oggi, il modello di mondo che la società impone ideologicamente, attraverso soprattutto il messaggio televisivo, è per l’individuo un dato reale, non contestabile perché egli non riesce ad andare oltre quello che gli viene servito sulla tavola dell’intrattenimento e dell’abbondanza consumistica. Se lo dice la televisione, il medico, il capo dello stato, un ministro, la scienza non può essere altrimenti. Costui è impossibilitato a mettere in discussione il racconto sociale perché ha perso la capacità di astrarre e andare oltre il mondo sensibile e i fatti per come vengono raccontati. Questo è un modo per svuotare di senso l’attività della mente. Il linguaggio viene abbreviato, condensato, sia qualitativamente che quantitativamente.
Un’altra forma di manipolazione linguistica è l’autovalidazione in forme magico-rituali. Per autovalidazione si intende una formula stereotipata che viene ripetuta talmente tante volte che viene presa come per vera. Orwell descrive questa situazione in “1984” in cui ci sono degli schermi televisivi che vengono messi in tutte le case e proiettano in maniera ripetuta gli stessi messaggi e slogan. Ricorda qualcosa?
ll linguaggio funzionale della società industriale avanzata è anche fortemente antistorico, nel senso che elimina tutti quei termini che si riferiscono al passato, perché sono termini che non possono essere applicati alla società contemporanea, alla tecnica, ad un uso prettamente operativo della lingua. Stiamo dimenticando velocemente la nostra storia, da dove veniamo. Le nefandezze e atrocità commesse nei campi di concentramento nazisti, vengono edulcorati e velatamente proposti il 27 gennaio di ogni anno con la celebrazione del Giorno della memoria. Ma poco viene detto del ruolo determinante che ha avuto una certa scienza medica nel massacro e tortura di uomini, donne e bambini. Si vuole dimenticare che proprio le leggi, la così detta legalità, hanno imposto alle forze di polizia (oggi forze dell’ordine di imporre il disordine) di imprigionare, torturare e poi uccidere tante persone, con il consenso della maggioranza, quella “santa” maggioranza a cui si affida la politica. Così, la storia viene insegnata nelle nostre scuole in modo freddamente nozionistico, attraverso il mandare a memoria date, luoghi e nomi senza un ragionamento e riflessioni critiche. Per Marcuse, un aspetto fondamentale per costruire una società stabile e democratica è proprio l’importanza della memoria storica. E’ fondamentale la memoria storica non soltanto per una propria conoscenza, ma proprio perché ci offre la possibilità di capire che il nostro presente non è assoluto e non è immodificabile. La memoria storica ci dà quindi le facoltà intellettuali di capire che, invece, si può richiedere un miglioramento del nostro futuro. Senza passato non ci può essere neanche un cambiamento qualitativo nel nostro presente. Eliminando questa forte dicotomia tra passato e presente si arriva a un pensiero che è fondamentalmente unidimensionale. Marcuse scrive a proposito della perdita della memoria storica “sopprimere codesta dimensione nell’universo sociale della razionalità operativa, significa sopprimere la storia, è questa non è una questione accademica bensì politica. Significa sopprimere il passato stesso della società ed il suo futuro, nella misura in cui il futuro invoca il mutamento qualitativo, la negazione del presente”. La soppressione della memoria storica passa soprattutto attraverso il linguaggio. Questo è evidente soprattutto in Orwell 1984 sempre nell’ultima parte sulla neolingua in cui egli dice “soppiantato una volta e per sempre l’archeolingua, anche l’ultimo legame col passato sarebbe stato reciso”. La memoria storica è utile a cambiare le cose perché conferisce degli strumenti interpretativi della realtà che permettono di guardare con gli occhi di una coscienza libera la società in cui ci si trova.
Altro elemento che caratterizza il linguaggio della nostra società consiste in una forte modificazione del discorso pubblico. Il discorso diventa autoritario, ritualizzato e pubblicizzato. Autoritario nel senso che è il discorso che viene portato avanti dalla classe dominante e che, quindi, in virtù della propria posizione di forza, può imporre le proprie verità come assolute e insindacabili. Procede quindi per tautologie, non cerca in alcun modo il confronto, ma semplicemente giudica ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che si deve fare da ciò che non si deve fare e in questo modo assorbe e nello stesso tempo annulla il vocabolario trascendente.
Il linguaggio, inoltre, ha assunto la forma di un parlare ordinario. Con tale aggettivo si intende un linguaggio comune, dell’uomo della strada. Un linguaggio che discute di cose banali e che deve essere purgato in partenza di tutti quei concetti transitivi e metafisici. Si arriva, così, a una falsa concretezza delle cose che vengono mostrate attraverso l’informazione pubblica dominante. Per falsa concretezza si intende un dato di fatto che appare reale e vero perché sembra vicino a noi, famigliare, facile da capire, che alimenta il nostro piccolo ego, ma che fondamentalmente non coglie l’essenza profonda delle cose. Non serve impegno per comprendere, in quanto viene tutto già dato con un linguaggio semplice, conciso e infantile. Questo modo di creare una realtà apparente attraverso l’inganno di un linguaggio concreto, non permette all’individuo di muovere nessuna critica verso la società, semplicemente perché non riesce a produrre pensieri per l’assenza di parole e concetti altri. Questa è la nuova repressione della società industriale avanzata.
La difficoltà della persona del XXI secolo è arrivare a muovere un’analisi critica e valutativa del mondo costruito, della società così come è. Marcuse scrive: “Ma questa radicale accettazione dell’empirico viola l’empirico perché in esso parla l’individuo mutilato “astratto” che esperisce solo quello che gli è dato, che tocca solo i fatti e non i fattori il cui comportamento è unidimensionale manipolato. Per virtù della repressione di fatto, il mondo come viene esperito è il risultato di un’esperienza ristretta, e la ripulitura positivista della mente porta la mente ad allinearsi con l’esperienza ristretta.”
Una società malata che vuole condizionare e manipolare, che vuole ingannare i cittadini, non ha interesse a creare individui sani. Anziché risvegliare le coscienze per migliorare il mondo, si cerca in tutti i modi di far adattare l’individuo ad un mondo sempre più assurdo, iniquo e patologico. Ad una certa psicologia, infatti, piace tanto il termine “adattivo” proprio perché un individuo che non si adatta produrrà pensieri e stati d’animo che lo porteranno a stare male. Proprio perché si ritiene che la persona è solo istinti, necessità biologiche e comportamento. Questa psicologia tende a far adattare l’individuo ad una società malata per soli fini utilitaristici individuali e per regalare alla società individui omologati. Tutti quei problemi che la società produce (obesità, corruzione, povertà ecc.) vengono fatti rientrare semplicemente nel disegno della società stessa. Questo tipo di scienze sociali e psicologiche, servendosi del linguaggio operativo diventano anch’esse mistificatrici poiché rimangono anch’esse ingabbiate all’interno della società prestabilita, sono utili solo nella misura in cui fanno vedere la società così come appare, ma non vanno a svelare la reale struttura sociale che, in realtà, servirebbe ai fini di un vero cambiamento. Queste scienze sociali e psicologiche non svelano l’irrazionale, ma rendono razionale il dato tecnico della società. In questo senso Marcuse afferma che “Il pensiero filosofico si muta in pensiero affermativo, la critica filosofica giudica entro il quadro della società e stigmatizza le nozioni non positive come mera speculazione, sogni o fantasie.” Pensieri che vanno controcorrente vengono classificati come non adattivi. Si assiste tristemente ad un individuo che si rassegna a vivere nascosto nei sogni e nelle passioni non sue, ma disegnate su misura dalla società, al fine di ottenere obbedienza e controllo. Marcuse sostiene che il materiale linguistico personale viene fortemente contaminato da quello che egli chiama “materiale societario”, cioè tutto il linguaggio della pubblicità, dei giornali, anche le nostre stesse opinioni non sono opinioni personali, ma sono opinioni prefabbricate che ci vengono appunto date da tutto l’apparato pubblicitario e propagandistico della società industriale avanzata.
Qualche giorno fa, mi è capitato di discutere con una mia cara amica della situazione pandemica attuale e lei in modo naturale e netto mi ha confidato letteralmente: “mi sento confusa e non mi sento più libera di pensare. Nel dubbio cerco di seguire le regole”. Queste parole sono sintomatiche di una persona che non produce pensiero autonomo e critico, ma che si affida, pur nel dubbio, al racconto sociale. Ma se quel dubbio fosse arricchito di parole e significati, forse ne scaturirebbe un ragionamento, una qualche riflessione che a sua volta potrebbe trasformare quello stesso dubbio in un proprio pensiero libero e autonomo.
L’unica soluzione che Marcuse trova a questa situazione di blocco, di stallo della critica, è quella del metalinguaggio. Ad esempio, leggendo un articolo di giornale, leggendo un libro, al suo interno, attraverso la selezione del lessico e di una certa sintassi, si può iniziare ad andare oltre il dato dei nostri sensi e del dato apparentemente reale che viene mostrato dalla società del controllo. Astraendo ed entrando in possesso di un lessico più profondo e colorato si può acquisire la capacità di produrre maggiori pensieri fino alla comprensione del dissenso. Questo linguaggio può essere compreso e individuato solo attraverso una lettura mediata. Cioè una lettura che non si ferma alla superficie dell’opera o di un articolo, ma che va proprio ad analizzarne le sue parti.

Per una probabile conclusione
Scrivere e discutere del condizionamento sociale, della manipolazione individuale e poi collettiva non basterebbe un libro, figuriamoci questo breve e modestissimo contributo. Di questi argomenti sono stati scritti interi trattati e prodotti numerosi studi. Il messaggio che vorrei trasmettere e lanciare nell’oceano della comunicazione globalizzata è che ci troviamo in una situazione pericolosissima dal punto di vista della tenuta democratica. Non so se abbiamo già varcato il punto di non ritorno. Ritengo che la maggior parte della gente è diventata incapace di riconoscere il discorso, gli errori logici e le contraddizioni presenti dentro il discorso stesso. Se si avesse una maggiore sensibilità a livello di autocoscienza individuale e poi collettivo rispetto ai paradossi che costantemente ci vengono proposti dai mezzi di “disinformazione” di massa, quest’ultimi resterebbero inascoltati. Non abbiamo più nessun filtro e né tantomeno la capacità di leggere il reale. Quello che rimane celato all’individuo moderno è la grande sconfitta del dissenso perché questo viene sempre esperito all’interno della narrativa dominante. Invece bisognerebbe dissentire e proporre una critica radicale proprio contro tale narrativa. Ma questo non viene fatto. Quello che viene portato avanti, facendo credere al cittadino che in quel modo lui costruisce una protesta, è una critica a finti problemi. Questi finti problemi hanno lo scopo di realizzare una continua distrazione di massa. Molto diligentemente, l’apparato culturale industriale indirizza il cittadino verso una direzione sbagliata facendola passare per protesta. L’apparato culturale è così straordinariamente congeniato da poter offrire anche due tesi contrapposte, finte tesi contrarie, ma che alla fine sono tesi concomitanti, che partecipano alla stessa narrativa. “Anni ed anni di soggiogamento dell’intelletto della persona e della sua capacità di ragionamento, hanno reso il cittadino, che diventa pubblico e massa, incapace di riconoscere discorsi altri.” (Sergio Caldarella) Questi discorsi altri, gli unici che ci possono salvare dall’umana follia, vengono astutamente celati e vengono rappresentati come estremisti e pazzoidi. Gesù non venne preso sul serio tanto che fu condannato a morte. E’ un trucchetto molto semplice e antico, arriva da lontano, ma tanto basta per spegnere ed eliminare il dissenso. Poi ci proclamiamo appartenere ad una società democratica e della conoscenza al cui interno non dovrebbe essere consentito un tale raggiro delle coscienze. Al cittadino è stata derubata in anticipo l’autonomia del ragionamento e di analisi. Altrimenti non si spiegherebbe tutto quello che sta accadendo proprio in questo momento e quello che, purtroppo, accadrà. Non è un caso che Emmanuel Kant nel suo conciso testo “Che cos’è l’illuminismo” scrisse “abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto”. Questo inciso è uno dei cardini di quello che dovrebbe essere un cittadino illuminato nell’epoca della conoscenza. Invece siamo immersi in una colossale opera di manipolazione perché serve per il mantenimento del potere. Oggi è diventato quasi impossibile ragionare con la società e con i suoi abitatori, così come è impossibile ragionare con uno schizofrenico.
Dobbiamo ritornare disperatamente alla conoscenza, alla sapienza e alla misura di tutte le cose!! A quell’umanesimo che ha sempre cercato di portare via l’umanità dalla sua bestialità.
La conoscenza è collegata inevitabilmente alla parola scritta. La parola è il linguaggio della nostra anima e della nostra vera natura e i buoni libri sono parole viventi.
La società industriale avanzata ci vuole portare, con il consumo, il divertimento, la banalità, la semplificazione a quello che dovrebbe essere un discorso comune che in apparenza mostra il reale. Ci vuole portare in un contesto prettamente accademico di freddo studio, che vuole semplicemente descrivere senza che ci sia nessuna modifica e conseguenza sulla realtà sociale, senza provocare alcun cambiamento.
La natura autentica e libera dell’uomo deve sempre muoversi per un cambiamento qualitativo. Un individuo deve sempre cercare di andare a vedere criticamente ciò che c’è di irrazionale e ciò che c’è di razionale, perché dobbiamo pretendere di essere liberi di affermare che due + due farà sempre quattro. Ecco perché ritornano utili i buoni libri che contengono quei principi e idee universali che caratterizzano l’uomo in quanto specie e lo allontanano dai suoi pensieri e comportamenti distruttivi.
Perché l’uomo ha sempre la possibilità scegliere di fare del bene e di aspirare ad esso.
“Attraverso i libri e dai libri ho appreso che i cieli non sono affatto umani e che un uomo che non sa pensare anche lui non è umano, non che non lo voglia, ma ciò contrasta con il giusto modo di pensare.”
Tratto da “Una solitudine troppo rumorosa” di Bohumil Hrabal
Patrizia Giura
Grazie. Bellissimo
domenicoconversa
Grazie Patrizia, sono molto contento che tu abbia potuto trovare interessante l’articolo.