Il 16 luglio 2025, al crepuscolo, durante un tramonto che infiammava le poche nuvole che rispondevano all’appello, mentre passeggiavo tra stradine di campagna, è comparsa nel cielo tra l’azzurro e il rosso, una nuvoletta che mi ricordava qualcosa, anzi, qualcuno. Aveva una forma allungata e presentava sfumature con il grigio e l’arancione, un arancione fiammante, vivo. Si scorgevano delle zampette, un corpicino lineiforme e una testolina. Tutto mia faceva pensare a lui.
Ed è proprio di lui che volevo parlarvi.
Era una sera qualunque dell’agosto 2024, ma il ricordo è ancora vivido. Dalla veranda di casa, fummo raggiunti da un miagolio stridulo, non un semplice richiamo, ma un grido, un urlo disperato che squarciava il silenzio, come le ultime, affannose note di una vita che stava per spezzarsi.
Quegli strilli, lancinanti e incessanti, si protrassero per tutta la notte e persistettero anche il giorno seguente. L’angoscia cresceva ad ogni suono, finché io e mia figlia decidemmo che non potevamo restare inerti: dovevamo andare a cercarlo. Poche decine di metri ci separavano da quella richiesta d’aiuto. Una volta sul posto, il suono si fece potente, inequivocabile: era un piccolo gattino, rintanato nel motore spento di un’auto parcheggiata.
Tentammo di tirarlo fuori, ma era terrorizzato, un batuffolo di pelo tremante che rifiutava ogni contatto. Era solo, abbandonato, senza la sua mamma. La sua paura era palpabile, e la nostra impotenza, in quel momento, quasi insopportabile. Per questo, decidemmo di ritornare il giorno dopo, con la ferma intenzione di liberarlo.
La sera successiva, quel forte miagolio non cessava, una supplica costante che ci chiamava. Senza esitazione, ci recammo nuovamente sul posto. Ma questa volta, il suono proveniva da un giardino adiacente, rendendo difficile individuarne il punto esatto. Camminavamo piano, le orecchie tese, finché finalmente lo scorgemmo: una minuscola ombra che sfrecciava frenetica da una parte all’altra del giardino, come un folletto spaventato.
Io e mia figlia entrammo, il cuore in gola, e decidemmo un piano d’azione rapido. Lei si posizionò davanti all’entrata del giardino, bloccando ogni via di fuga, mentre io avrei dovuto spingere il gattino verso di lei. Così facemmo. Fu una caccia delicata ma determinata, tra cespugli e ombre, con il piccolo che cercava disperatamente di nascondersi. Dopo numerosi tentativi, il micino non ebbe scampo e, con un guizzo, riuscì finalmente ad afferrarlo.
Tra le mie mani, quell’assemblaggio di pelo sporco quasi scompariva per quanto era piccolo, eppure possedeva tanta forza. Terrorizzato, mi mordeva ripetutamente, un piccolo concentrato di istinto selvaggio che lottava per la sua libertà. Ma ormai era salvo, noi lo sapevamo, lui non ancora.
Lo portammo a casa, quel minuscolo guerriero, e decidemmo di lasciarlo un po’ solo, convinti che avesse bisogno di tempo per adattarsi al nuovo ambiente. Ma lui continuava a miagolare, un pianto incessante che ci accompagnò per tutta la notte e che ci stringeva il cuore.
Il mattino seguente, provai a prenderlo, a tenerlo delicatamente tra le braccia. E fu allora che accadde qualcosa di incredibile: si calmò immediatamente, come per magia. Era come se avesse aspettato proprio me, quelle coccole, quella sicurezza tra abbracci e carezze. Il suo piccolo corpicino si rilassò, la tensione si sciolse, e capì che tutto ciò di cui aveva bisogno era affetto.
Lo lavai con un fazzoletto umido, con la massima delicatezza. E mentre il grigio della sporcizia svaniva, spuntarono fuori un bianco luccicante e un arancione scintillante, colori vividi e brillanti che prima non avevo scorto. Era un piccolo tesoro che si rivelava, un micino meraviglioso che iniziava finalmente a mostrare la sua vera bellezza.
Decidemmo di chiamarlo Brillo, un nome che racchiudeva perfettamente la sua essenza: sia per la lucentezza dei suoi colori, un bianco e un arancione che brillavano, sia per la sua travolgente allegria che già si percepiva. In casa c’era già un’altra presenza felina, la nostra Milly, una gatta che, qualche anno prima, aveva vissuto la sua unica cucciolata. Incredibilmente, dopo un iniziale periodo di cauta distanza, Milly divenne la nuova mamma di Brillo. Se ne prese cura con una dedizione commovente, e Brillo trovò in lei il conforto e la protezione che tanto gli erano mancati. Era una gioia immensa vederli dormire insieme, Milly che accudiva quel piccolo essere con una tenerezza infinita.
Brillo, però, custodiva una fragilità invisibile: una patologia congenita, una malformazione che lo rendeva unico. Gli mancava la parte muscolare sul lato destro del ventre. Questa sua vulnerabilità esponeva gli organi interni a rischi costanti, protetti solo dalla pelle, senza la barriera robusta dei muscoli. Forse, anzi, sicuramente questa malformazione era il motivo per cui la sua mamma naturale lo aveva abbandonato. Un istinto crudele ma comprensibile nel mondo animale, dove la sopravvivenza dei cuccioli sani è a discapito di quelli meno fortunati. Eppure, per Brillo, quell’abbandono si era trasformato in un nuovo inizio, in una nuova famiglia che lo amava incondizionatamente.
Nonostante quella sua vulnerabilità, Brillo era un inno alla vita, incredibilmente vivace e un pazzo temerario in ogni suo salto e in ogni gioco. Era puro divertimento, una gioia contagiosa che riempiva le nostre giornate. Si nascondeva e giocava all’interno dell’albero di Natale, per esempio, rendo difficoltoso il suo montaggio: ma quante risate! Man mano che cresceva, si faceva voler bene con una dolcezza disarmante, cercandoci costantemente.
Soleva addormentarsi in braccio o sulle gambe di ognuno di noi, un piccolo fardello di morbidezza che si affidava completamente. Era come se volesse ringraziarci ogni volta, per averlo salvato da quel destino terribile e per avergli offerto un rifugio sicuro. Ho avuto tanti gatti nella mia vita, ma mai, mai come Brillo, ho visto un felino che regalava una riconoscenza così profonda e un affetto così smisurato. Il suo era una dolcezza che parlava senza parole, un legame indissolubile che ci legava a quel piccolo cuore impavido.
Quando Brillo si avvicinava al suo primo anno di età, il richiamo del mondo esterno divenne irresistibile. Ha iniziato a esplorare l’ambiente fuori casa, e fortunatamente, dietro la nostra abitazione, si estendeva un vero e proprio paradiso di giardini. Lì, si tuffava con tutto se stesso, assaporando ogni istante della sua vita da vero gatto, libero e selvaggio.
Ma nonostante le sue avventure, il suo legame con noi restava indissolubile. Era inconfondibile il suo richiamo quando tornava, un miagolio vibrante che annunciava il suo ritorno per il pasto e, soprattutto, per quelle carezze che chiedeva continuamente. Ogni volta che si strofinava contro le mie gambe, era come se mi raccontasse, in silenzio, le sue imprese, chiedendo in cambio solo quelle dolci attenzioni che per lui erano linfa vitale.
Mai mi sono affezionato così visceralmente a un gatto. I suoi occhi, specchi profondi e intelligenti, mi parlavano con una chiarezza che superava ogni barriera linguistica. Tra noi si era creato un legame così profondo e unico, così intimo, che è davvero difficile, quasi impossibile, spiegarlo a parole. Era una connessione che sentivo, che vivevo, ogni giorno.
Quando capitava che, dopo un’intera giornata trascorsa fuori casa, Brillo ritardava a rientrare, una morsa di profonda preoccupazione assaliva tutti noi. “Chissà dove sarà finito?”, “Chissà cosa gli è accaduto?”, erano le domande silenziose che ci tormentavano, mentre l’ansia cresceva ad ogni minuto che passava.
Poi, la scoperta: il piccolo mascalzone si addormentava beato all’ombra di qualche pianta, godendosi il riposo più profondo, per poi fare il suo ritorno con tutta la calma del mondo. E che bellezza era rivederlo, la sua figura che appariva all’improvviso, dissolvendo in un istante tutte le nostre paure e riempiendo il cuore di una gioia immensa. Ogni suo ritorno era una piccola festa, la conferma di un legame speciale.
Brillo ha trascorso con noi una parte indimenticabile dell’estate del 2024, e poi tutto l’inverno, godendosi appieno il caldo tepore del camino e le sue infinite dormite. Si accasciava ora sul nostro lettone, ora su quello delle nostre figlie, trovando sempre il suo angolo perfetto per sonni profondi e beati.
Quando arrivavano ospiti in casa, aveva una sua particolare abitudine: si rifugiava sulla cima dell’armadio nella cameretta delle ragazze. Ci chiedevamo sempre, con un sorriso e un po’ di meraviglia: “Come faceva a salire fin lassù? Chissà?”.
Brillo era un gatto profondamente educato. Mai e poi mai saliva sul tavolo mentre mangiavamo, un comportamento raro e ammirevole. Invece, attendeva pazientemente che qualche leccornia gli arrivasse all’improvviso, con quella sua aria sorniona e i suoi sguardi imploranti. E lui sapeva bene, oh se lo sapeva, che quasi sempre ero io a cedere ai suoi occhi irresistibili, regalargli quel piccolo boccone extra che attendeva con tanta speranza. Era un gioco silenzioso tra noi, un rito che rafforzava il nostro legame giorno dopo giorno.
Adesso Brillo non c’è più.
Il destino crudele ce lo ha portato via, investito da un’auto. Erano già due giorni che non lo vedevamo rientrare, e nel profondo del cuore avevo capito che qualcosa di terribile doveva essere accaduto. Ma la speranza, come si suol dire, è l’ultima a morire. Immaginavo di rivederlo all’improvviso, sbucare da quel muretto confinante, percorrerlo miagolando fino alla rampa e poi salire le scale di casa, come faceva sempre, fino alla porta.
Così non è stato.
Il vuoto che ha lasciato è ancora grande, ci manca la sua presenza nella nostra casa.
Ma è proprio da questo dolore che desidero condividere alcune riflessioni, affinché questa perdita possa trasformarsi in una grande opportunità di crescita, sia come famiglia che come singoli individui.
Abbiamo salvato un piccolo gattino che l’istinto animale aveva condannato alla sofferenza e a una morte atroce. Questo ci insegna che l’essere umano ha la scelta e la responsabilità di andare oltre le crude leggi della natura, per abbracciare invece quelle più nobili dell’etica e del bene. È un messaggio potente, che spero davvero venga accolto e compreso dalle nostre figlie. Noi adulti, in fondo, parliamo ai nostri figli molto più attraverso gli esempi che con le semplici parole.
E poi c’è Brillo stesso: lui ha vissuto ogni istante della sua vita con pienezza, con quella sua allegria contagiosa e quel coraggio da temerario. Ed è esattamente questo che dovremmo fare tutti noi, anziché rifugiarci in un’anonima sicurezza fatta di giorni tutti uguali. Brillo ci ha mostrato che la vita, anche la più fragile, merita di essere vissuta appieno, con gioia e senza paura.
La storia di Brillo, come quella di innumerevoli altri animali che entrano nelle nostre vite, è una potente testimonianza del legame profondo e autentico che possiamo instaurare con i nostri “fratelli animali”. Non sono semplici esseri viventi da accudire, ma veri e propri membri della famiglia, capaci di donare un amore incondizionato, una lealtà incrollabile e una gioia pura che spesso superano quella che troviamo nei rapporti umani. La loro presenza ci arricchisce, ci rende più umani, più empatici e più consapevoli del delicato equilibrio della vita. La perdita di un animale domestico è un vero dolore, un lutto a tutti gli effetti, perché si spezza un legame unico che ha nutrito la nostra anima.
In questo mondo che troppo spesso sembra governato dalla regola del conflitto, della competizione e da messaggi stereotipati che inneggiano al materialismo, storie come la nostra, piccole grandi storie di vita, di legami autentici, di affetto puro, sono forse esattamente ciò che il mondo oggi ha estremamente bisogno. Sono doni preziosi che ci vengono offerti, molto spesso proprio davanti ai nostri occhi. Sta a noi coglierne il messaggio, aprirci e andare loro incontro, perché è in questi racconti semplici che risiede la vera ricchezza della vita.
Sono convinto che quella sera Brillo mi abbia salutato da lassù, in quel tramonto infuocato. Quella nuvola, al crepuscolo, che luccicava di arancione e bianco, era proprio lui, ne sono convinto. Era Brillo che mi diceva che tutto andava bene, un ultimo, rassicurante saluto.
Ciao, Brillo!




Maria Stano
Bellissima storia toccante e commovente! Avrei preferito che fosse un racconto, invece, purtroppo, è la realtà! Davvero Brillo è stato un gatto speciale, unico! Sempre pronto a regalare le sue coccole e a prendersi tutte quelle che gli si potevano dare! Ci mancherai Brillo! Ma in tutto questo c’è da riflettere sul fatto che se il lamento fosse stato ignorato, se Domenico e la sua famiglia non si fossero ostinati a cercare, il destino di questo gattino sarebbe stato segnato! Invece c’è di positivo che, anche se per poco tempo, a Brillo è stata data la possibilità di rinascere, vivere e godere del calore e dell’ amore di una famiglia!
domenicoconversa
Grazie mille Maria per il tuo commento